L’incipit dell’Infinito

Giuseppe Garrera - Sebastiano Triulzi

Un giovane di ventuno anni – tale è Giacomo Leopardi quando scrive l’Infinito – ci indica da subito la parabola irrimediabile e spettacolare del proprio destino, a cominciare da quel «Sempre», dopo il quale tutto sarà solo vertigine e precipizio. Questo saggio, tutto dedicato al primo verso dell’Infinito di Leopardi, in occasione del bicentenario dalla stesura, procede esso stesso per voragini, smottamenti, cadenze irregolari. I due curatori indagano la vicenda del verseggiare di Leopardi, la sua capacità di far franare tutto: le parole, le cose, i moti, i sentimenti. Nel primo verso c’è già l’intera avventura poetica di Leopardi fino al mare impietrato del Vesuvio, passando per le steppe dell’Asia minore: l’ermo colle è profezia di una scelta inesorabile, una fedeltà al deserto. Dal primo grande momento di affezione al precipitare nell’abisso del tempo e nel segreto dell’anima, del ricordare, per lutto e perdita, dalla speranza e consolazione dell’infinito, al sedere contemplando il nulla, Leopardi sceglie il naufragio come condizione irreversibile.

Una nota finale di Fabrizio M. Rossi rende omaggio alle edizioni a stampa dell’Infinito e ne ricostruisce la storia tipografica.